Motivazione è la parola che risuona più delle altre, da qualche giorno, nella mia mente.
Ma come si costruisce nella nostra vita questa forza che letteralmente ci “muove verso” qualcosa?
Cosa ci spinge ad uscire dal piumone, nelle fredde mattine invernali per fare ciò che dobbiamo fare?
Qualcosa dentro di noi si attiva, quasi per magia, come un campanello, un campanello dal suono cristallino, come quello che sentivamo da bambini e che ci faceva pensare che, si, tra non molto sarebbe arrivato Babbo Natale.
Quella cosa che chiamiamo, a ragione, Motivazione, è il nostro campanello e, com’è facile immaginare, cresce con noi, come i nostri muscoli, si sviluppa e diventa una cosa che ci aiuta o una cosa che ci ostacola.
A volte ci permette di affrontare ciò che la vita ci propone con una forza incredibile, altre volte invece sembra quasi nascosta sotto un velo che opacizza tutto, e ci chiediamo, magari anche spesso: “ma… perché?”.
Già, “perché”. In genere facciamo qualcosa perché qualcos’altro ci torna indietro, è scontato. A volte non è qualcosa di materiale che torna, ma tornano emozioni, torna felicità.
Un detto indiano dice “fai bene, trovi bene”.
E’ un principio così semplice. Sarebbe bello crescere motivati così, con l’aspettativa che ciò che di buono fai, in un modo o nell’altro lo trovi, magari non immediatamente, ma con il tempo, sotto forme diverse, sulla tua strada.
Però qui non siamo nella lenta società indiana, ma nel frenetico mondo occidentale, dove certo, questa cosa è molto bella, ma è decisamente difficile da praticare.
Perché non c’è il tempo di spiegarla ai nostri figli, non c’è il tempo per viverla, non c’è mai tempo per nulla. E quindi la trasformazione di questa formula così semplice, diventa, nel nostro mondo, il ricatto.
Complice il periodo natalizio, va per la maggiore “Se non fai il bravo, Babbo Natale non ti porta i regali”, ma ce ne sono un’infinità, che si dicono tutti i giorni.
Guarda che se ti comporti male, arriva l’uomo nero. Guarda che se non fai quello che ti dico, non ti porto in piscina. Se non la smetti di fare i capricci, andiamo subito a casa e qui non ci torniamo più.
E’ vero, è decisamente più semplice. E’ più semplice un innocuo ricatto, perché dai, alla fine è solo un modo per toglierci dall’impiccio e sperare che la situazione evolva nel verso giusto.
E’ indubbiamente più semplice. Ma pensiamo ai nostri figli, che passano la loro infanzia a sentirsi motivati dal fatto che se non ascolteranno la mamma, se non smetteranno di fare i capricci, se non impareranno a comunicare senza lanciare i giochi sulla testa del fratello o senza mordere l’amichetto, ALLORA succederà una cosa brutta.
Pensiamo alla motivazione che gli stiamo dando.
Forse allora potremmo prenderci un paio di minuti in più, e spiegare: Se continui a lanciare i giochi sulla testa di tuo fratello, gli fai male.
Se continui a non ascoltare la mamma, la mamma si stanca di ripeterti le cose, e va a finire che ci arrabbiamo tutti e due.
Cosa dici, provi a condividere questo gioco, al posto di tenerlo tutto per te?
No, questa non è la bacchetta magica che farà fare ai nostri figli ciò che vogliamo (per fortuna).
Ma forse, al posto di imparare che alle loro azioni meno positive si accompagnerà qualcosa di terribile, capiranno che quelle azioni non vanno bene perchè c’è un senso. Perché magari fanno soffrire.
Capiranno che c’è un perché.
E Babbo Natale arriverà lo stesso.
Babbo Natale porta i regali a tutti. E questa è una delle poche certezze che mi sono rimaste.
Dott.ssa Marta Campanaro Psicologa Psicoterapeuta